In questi giorni, vari impegni di lavoro mi hanno precluso di scrivere qualcosa di inerente alla festività e alla ricorrenza che stiamo vivendo.
Due le tematiche fondamentali: la santità e la riconoscenza. Tematiche legate dal fil rouge della preghiera.
Per essere, divenire, santi, bisogna incontrarsi nella preghiera con Dio; per ricordare, con riconoscenza, i defunti che ci sono cari, bisogna incontrarli nella preghiera.
Pregare, per il cristiano, equivale al respirare, al potersi mantenere in vita; nella santità festeggiata ieri si sottolinea come la vita di semplici uomini e donne può essere stravolta dall’incontro, perpetuato nella preghiera, con il Signore Risorto. Badare all’aggettivo avverbiale: Risorto.
Si diviene dunque santi, quando si vuole vivere da Risorti; ragion per cui, il 2 novembre, si fa memoria ‘riconoscente’ dei cari che non ci sono più: essi Risorgeranno alla fine dei tempi. E intanto, nel nostro comune prefiggerci una vita risorta, siamo legati dalla preghiera. Non a caso, i nostri morti pregano per noi e noi preghiamo per loro.
Forse questo articolo potrà sembrare ingenuo…il Vangelo del Risorto non è per nulla ingenuo.
Potreste obiettare: la vita è difficile, complessa, e la meta ancor più… basterà pregare? Sì, se ci farà cambiare vita, se ci farà risorgere.
Noi siamo in cammino verso il cielo: non dimentichiamolo. Ecco il senso delle feste di questi giorni.
Luca Sc.
P.S. Volevo chiudere, compartendovi un post di instagram di un amico, @danieleradinitedeschi (a questo nome lo troverete sul social): può esservi di spunto.
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Ciao!