Girano su ogni sorta di social foto con scritte talvolta blasfeme, talvolta ingiuriose per chi crede. Foto da cortei, MeMe, immagini con riportato di tutto.
Il cristiano è abituato, seppur mai ci si possa abituare, ad essere nel mirino di provocazioni di qualunque sorta.
In Italia non ci si lamenta più per nulla, se non virulentemente per fantasmi inesistenti. Quali sdoganamenti oggi vanno ribaditi? Quale libertà, da questi figuri vista come limitata da tutti noi Chiesa (dai credenti che SONO CHIESA), che il più delle volte neppure conoscono appieno, è stata oggi, in questo 2019, negata?
E poi, libertà da cosa? Libertà di ingiuriare a piacimento? Libertà di ferire, usando parole blasfeme che possono nuocere alla sensibilità di chi professa la propria fede?
Io, il sottoscritto, non amo questo linguaggio: stiamo ritornando alla barbarie, senza neppure accorgercene appieno.
Gli anni ’70 dello scorso secolo non sono finiti ancora, mi pare…
Solo che adesso, nel mondo social, le immagini e gli slogan hanno molta più eco che in altre epoche storiche.
L’Italia, un tempo, era culla di bellezza, di dialogo, di accoglienza. La mia generazione sta perpetrando nell’insensibilità.
Le parole sono importanti: la loro scelta può creare qualcosa di bello o, diversamente, può essere apportatrice di distruzione futura.
Perdere la comunicazione costruttiva è uno tra i più cogenti danni della nostra epoca. Un’epoca triste.
Dialogo, rispetto, sensibilità. Non descrivo altro: lascio al lettore la conclusione.
Luca Sc.