-23 giorni a Natale, ovvero “Come resistere ai Menù di Benedetta”
Classico pomeriggio invernale, momento di riposo sul divano, zapping tra canali tv, a un tratto l’illuminazione: Benedetta Parodi che presenta l’ennesimo salvacena, lo svuotafrigo, i finger food e chi ne ha più ne metta.
A quel punto la popolazione italiana si spacca in due: da un lato, le emancipate, che vedono in Benedetta Parodi il proprio idolo di donna in carriera, capace di sfidare la tradizione con l’efficienza in cucina; dall’altro, le over 65, pronte a dar battaglia a ragù preparati in 20 minuti (la tradizione richiede ore e ore!), a microporzioni multicolore, a torte magicamente pronte dopo salti temporali degni di Ritorno al futuro!
“Madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera”: San Luca aveva pienamente ragione, anche in cucina!
Se, poi, qualcuno osa portare in tavola un’idea tratta dai “Menù per le feste”, ecco che il cenone o il pranzo diventano la rievocazione storica di Caporetto.
Ora, lasciando da parte il casus belli Benedetta Parodi, la domanda è: che significa cucinare a Natale? Hanno ancora senso, nella bolgia consumistica, le ore trascorse dalle nostre nonne (e dai nostri nonni, a cui sono assegnate – salvo eminenti e pregevoli eccezioni – le mansioni meno gloriose di pelapatate, sgusciatore di frutta secca, lavapiatti) in cucina?
Senza nulla togliere alla genialità di Benedetta, che ha tratto dagli anfratti impolverati dei ricettari trasmessi di generazione in generazione i segreti culinari e ha compresso le tempistiche, la prima riflessione di Avvento riguarda la qualità del nostro tempo.
5 minuti di ricetta sprint sono molto più pratici delle 5 ore canoniche, ma forse meno partecipate: se meno tempo per un piatto, vuol dire (talvolta) meno sapore, per le nostre relazioni significa (sempre) meno gusto di vita.
Nel Natale contempliamo il Dio incarnato nel tempo: che le nostre giornate non si trasformino in una corsa per arrivare alla mezzanotte, ma in una mezzanotte da cui prendono il via le nostre più autentiche relazioni e speranze.
Andrea Miccichè
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