“Il Signore ha cura del debole”.
Abbandonarsi alla provvidenza di Dio spesso è difficile. Fin qui nulla di nuovo. Ebbene sì: nulla di nuovo. Siamo fragili, siamo talvolta pieni di paure, come anche di orgogli personali tali, da non farci gustare l’abbandono alla provvida benevolenza del Creatore.
Il Signore non veste forse i gigli del campo? Non abbiamo, possibilmente, lavoro; magari non abbiamo delle amicizie salde, ma, di sicuro, se riconosciamo, con fede, la paternità di Dio, non resteremo delusi: pure quando tutto potrebbe andare storto…
Qualcuno prima di noi amava dire “Credo quia absurdum“. La fede non si nutre dell’ovvietà, ma trasforma dal di dentro relazioni, progetti, fatiche lavorative, ansie… Dentro tutto l’ovvio, cioè ciò che deve restare logico, rientra la medesima speranza paolina, la quale, circolare con la fede e forte di carità, permette che noi possiamo essere come fanciulli.
Possiamo così gioire col salmista: “Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”.
LaBrezzaLeggera.